NUOVI CONTRATTI A TERMINE

Con la conversione in legge del decreto Dignità è stata modificata la disciplina dei contratti
a tempo determinato con l’obiettivo di lasciare la stipulazione alla libertà delle parti
contrattuali per i primi 12 mesi, anche in assenza di causali che giustifichino l’apposizione
del termine. L’apposizione del termine al contratto deve risultare da atto scritto. In
mancanza, il contratto dovrà considerarsi a tempo indeterminato. L’atto scritto contenente
l’apposizione del termine deve essere consegnato in copia al lavoratore entro 5 giorni
lavorativi dall’instaurazione del rapporto di lavoro.
Superato tale periodo, sarà
possibile il ricorso al contratto a tempo determinato esclusivamente per esigenze temporanee
e limitate.
Esaminiamo nel dettaglio cosa cambierà nella disciplina dei contratti a tempo determinato, in
base al testo della legge n. 96/2018 pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’11 agosto 2018.
Durata del contratto
Secondo quanto previsto dall’art. 1 del D.L. n. 87/2018, che modifica gli articoli dal 19, 21 e 28 del
D.lgs. n. 81/2015, la durata del contratto a termine sarà di 12 mesi.
Potranno essere stipulati contratti di durata superiore a 12 mesi solo al ricorrere delle seguenti
causali, secondo le modifiche apportate all’art. 19 comma 1:
- esigenze temporanee ed oggettive dell’azienda non attinenti l’ordinaria attività;
- necessità di sostituzione di altri lavoratori dipendenti;
- esigente dovute ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività
ordinaria.
Al ricorrere di tali ipotesi, il contratto potrà avere durata superiore ai 12 mesi, ma comunque
non superiore ai 24 mesi.
Rimane, inoltre, la conseguenza della trasformazione del contratto in tempo indeterminato
quando per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, si abbia il
superamento della durata massima del rapporto, prevista in 24 mesi e non più in 36 mesi.
In sede di conversione, è stato inserito il comma 1-bis dell’art. 1, il quale ha stabilito che, in
caso di stipulazione di un contratto superiore ai 12 mesi in assenza di una delle causali
giustificatrici previste dal comma 1 dell’art. 19, si avrà la trasformazione del contratto in tempo
indeterminato dalla data di superamento dei 12 mesi.
Limiti quantitativi
L’art. 2 del decreto Dignità, come modificato in sede di conversione, ha previsto al comma 2 che,
salva diversa indicazione dei contratti collettivi applicati, il numero massimo di lavoratori
assunti con contratto a tempo determinato non possa superare il 30% dei lavoratori a tempo
indeterminato in forza presso l’azienda al primo gennaio dell’anno di stipulazione di tali
contratti intesa come sommatoria dei lavoratori a tempo determinato e lavoratori somministrati.
fermo restando il vecchio limite del 20% per i contratti a tempo determinato.
Disciplina del rinnovo
Secondo quanto previsto dal D.L. n. 87/2018 in fase di approvazione, l’avvio di un nuovo
contratto alla conclusione di un precedente rapporto di lavoro a tempo determinato, sarebbe
consentito solo al ricorrere delle causali già indicate per il superamento della durata di 12 mesi.
L’atto scritto deve contenere il riferimento espresso alle causali giustificative del rinnovo.
Unica eccezione continua ad essere quella delle attività stagionali, disciplinate con decreto
del Ministero del lavoro e dai contratti collettivi: i contratti stagionali possono essere rinnovati
anche in assenza delle causali previste dall’art. 19 comma 1.
Proroghe del contratto
Il decreto consente l’allungamento della durata del contratto attraverso una proroga nel corso
del rapporto di lavoro, previo consenso del lavoratore, senza alcuna causale per i primi 12
mesi. Successivamente, la proroga sarà ammissibile solo alle condizioni su indicate per
particolari esigenze dell’azienda, salvo l’eccezione già menzionata delle attività stagionali.
Rimane vigente la limitazione prevista dalla precedente normativa, secondo la quale il termine
del contratto può comunque essere prorogato solo quando la durata iniziale del medesimo sia
inferiore alla sua durata massima, che in base al D.L. n. 87/2018 non sarebbe più di 36 ma di 24
mesi.
Inoltre, il numero delle proroghe non può essere superiore a quattro, pena la
trasformazione del contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta
proroga.
Con una norma di chiusura, il decreto prevede che al comma 1 dell’art. 21, il riferimento ai 36
mesi di durata del contratto, debba considerarsi sempre sostituito da 24 mesi ed il riferimento
alle cinque proroghe sia sostituito da quattro.
In sede di conversione il legislatore ha specificato che la violazione delle disposizioni
relative alle proroghe ed ai rinnovi, determinerà la trasformazione in contratto a tempo
indeterminato.
Continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine
Il D.L. n. 87/2018 non modificherebbe nulla per quanto riguarda le maggiorazioni retributive
indicate dall’art. 22 del D.lgs. n. 81/2015 per la continuazione del rapporto di lavoro oltre la
scadenza del termine iniziale, oppure oltre il termine fissato nella proroga.
In tali casi il datore di lavoro dovrebbe continuare a corrispondere al lavoratore una
maggiorazione pari:
- al 20% della retribuzione per ogni giorno di continuazione fino al 10°;
- al 40% della retribuzione per i giorni successivi fino al 30°
Nelle ipotesi di ulteriore continuazione del rapporto oltre il 30° giorno per i contratti di
durata inferiore a sei mesi, ed oltre il 50° giorno negli altri casi, il contratto si trasformerà in
tempo indeterminato dalla scadenza dei termini indicati.
Aumento del contributo addizionale
La legge Fornero (l. n. 92/2012), ha introdotto dal 1° gennaio 2013 un contributo addizionale
pari all’1,40% della retribuzione imponibile a carico del datore di lavoro, per tutti i rapporti di
lavoro subordinato non a tempo indeterminato.
Il contributo ha la finalità di finanziare l’assicurazione sociale per l’impiego, l’ASPI, oggi NASPI.
Il decreto Dignità prevede l’aumento del contributo addizionale dello 0,50%, per ciascun rinnovo
del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, con la finalità di incentivare
forme di lavoro più stabili.
Nuovi termini di impugnazione del contratto
Il lavoratore che voglia contestare la legittimità del termine apposto al contratto di lavoro
ha l’onere di impugnarlo con le modalità previste dall’art. 6 della legge n. 604/1966 e di
depositare ricorso giudiziario. Il decreto Dignità apporta una modifica anche all’art. 28 del D.lgs.
n. 81/2015, prevedendo un allungamento dei termini previsti per l’impugnazione da 120 a 180
giorni, che decorrono dalla data di cessazione del contratto.
Decorrenza ed ambito di applicazione della nuova normativa
La legge di conversione del decreto Dignità ha poi specificato che le nuove disposizioni si
applicheranno ai contratti di lavoro stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto legge ed ai
rinnovi e proroghe dei contratti in corso alla stessa data, comunque successivi al 31 ottobre
2018.